Suonare uno strumento modifica lo sviluppo del cervello!
Suonare uno strumento tutti i giorni a partire dall’infanzia modifica l’attività del cervello che cambia anche a seconda dello strumento suonato. A fare questa scoperta è stato un gruppo di ricercatori dell’università Bicocca di Milano: confrontando le onde cerebrali di violinisti, clarinettisti e non musicisti hanno visto che ci sono differenze. “Leggendo le onde cerebrali è possibile stabilire qual è lo strumento suonato da una persona di cui non si sa nulla, oppure escludere che suoni uno strumento musicale” spiegano i ricercatori.
Che suonare uno strumento faccia bene allo sviluppo cerebrale è stato dimostrato da numerosi studi; oggi però una nuova ricerca ha scoperto che suonare uno strumento comporta anche una modifica del cervello, diversa a seconda dello strumento suonato.
A fare questa scoperta è stato un team di ricercatori dell’università Bicocca di Milano, che ha pubblicato lo studio sulla rivista scientifica “Music Perception”.
I ricercatori hanno analizzato un gruppo di dieci musicisti del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, formato da sei violinisti e quattro clarinettisti tra i 21 e i 32 anni, e dieci studenti universitari che non hanno mai suonato alcuno strumento.
I partecipanti all’esperimento sono stati fatti sedere all’interno di una cabina schermata acusticamente in modo che fossero isolati da altri suoni. Poi a ognuno stati mostrati 180 video nei quali venivano eseguite una o due note con violini e clarinetti.
I ricercatori hanno così potuto vedere che le onde cerebrali prodotte a partire dalla musica ascoltata cambiano se uno è musicista o no e se suona lo strumento ascoltato o ne se ne suona un altro.
In poche parole è possibile, osservando le onde cerebrali di una persona, capire sia il tipo di strumento che suona o se non suona affatto.
“Questo perché un musicista nel corso della sua vita dedica svariate decine di migliaia di ore alla pratica musicale, spesso sin dall’infanzia e quindi la materia grigia e la materia bianca si plasmano in modo differente a seconda dello strumento che suona” spiegano i ricercatori della Bicocca.
Nel corso della ricerca, il livello di impegno della corteccia prefrontale si è rivelato molto più elevato nei non-musicisti e, al contrario, meno intenso nei musicisti che suonano quotidianamente lo strumento ascoltato. Nei musicisti che suonano un altro strumento l’attività della corteccia prefrontale era una via di mezzo tra i due gruppi.
Conclusione
In sintesi: quando si ascolta il suono di un violino, la corteccia prefrontale di un violinista deve “impegnarsi” relativamente poco, quella di un altro musicista leggermente di più e quella di un non-musicista molto di più.
Questo perché la corteccia prefrontale codifica gli stimoli, legge la realtà e la interpreta ed è sensibile alla familiarità. Quindi si attiva meno se conosce bene quel suono e lavora di più se lo conosce poco.
«Poiché il nostro cervello, e in particolare la corteccia prefrontale, dedica un’attività elaborativa meno intensa alla codifica di materiale già noto o familiare, è possibile stabilire qual è lo strumento suonato da una persona di cui non si sa nulla, oppure escludere che suoni uno strumento musicale. È uno studio di mind reading, o “lettura del pensiero”» conclude Alice Mado Proverbio, docente di neuroscienze cognitive a capo del gruppo di ricercatori della Bicocca.
Articolo realizzato da F. Zangirolami
Fonte LASTAMPA del 29 dicembre 2014